“io guido una Delta Integrale e credo fosse la migliore macchina che il Gruppo costruiva all’epoca” (Marchionne, Ginevra 2018)
Il progetto iniziò il 3 gennaio 1983, il 1° aprile 1986 eravamo già in produzione, a gennaio ‘87 l’esordio vincente nei rally.
Nel 1980 era nata l’Audi Quattro, la prima vera trazione integrale stradale, caratterizzata da quattro ruote motrici sempre in presa: in precedenza i 4×4 erano riservati ai fuoristrada e la trazione era inseribile. Ebbe subito grande successo, dopo due anni vinse un titolo mondiale Rally Marche e dopo altri due anni quello Piloti.
La Direzione Fiat Auto, l’AD ing. Vittorio Ghidella in primis, ipotizzò di rispondere con una berlinetta sportiveggiante a 4 ruote motrici, la Delta, da abbinare al motore più potente allora disponibile, anzi ancora in sviluppo, il 4 cilindri 1.995 cm3 turbo benzina, con overboost. Quindi, in un vano motore nato per ospitare un 1.300 o 1.500 cm3, l’obiettivo era collocare un motore 2 litri, con turbocompressore, iniezione ed accensione elettronica, contralberi, radiatore dell’olio, intercooler, il cambio di fascia alta, il sistema 4×4, l’idroguida, il servofreno… e in seguito anche ABS e condizionatore, a quell’epoca optional poco richiesti, e pure il catalizzatore, da sistemare il più vicino possibile allo scarico, o alla turbina. Proprio all’ing. Ghidella verrà poi in mente di mettere pure il doppio faro anteriore: splendida idea, caratterizzante la vettura, ma interferiva con il filtro olio! Per la cronaca, il doppio faro fu mal accolto dal designer della prima Delta, Giugiaro, che non vi riconosceva più la sua creatura, la scatoletta minimalista.
Una caratterizzazione ancor più sportiva fu il passaruota bombato, nella Lancia Delta Integrale del 1987, per alloggiare ruote più larghe. Era uno dei primi, durante la presentazione della vettura a Sirmione, il 18 ottobre, un noto giornalista, denominato “il Professore”, commentò che lui si sarebbe vergognato di andare in giro con una vettura così pacchiana. Il passaruota bombato divenne poco a poco un must su tutte le vetture.
Tornando al vano motore, va da sé che si richiedeva che il tutto fosse montabile nella consueta linea di montaggio, e anche motore e cambio nelle rispettive trasferte. Va da sé? eravamo in Fiat, Italia, anni ’80! la capacità di fare cose buone, talora ottime spendendo poco, mentre le altre Case modificavano più o meno pesantemente e costosamente la vettura per farci stare il 4×4, inclusa Audi, ed ancora di recente alcuni hanno progettato la trasmissione 4×4 e poi le hanno costruito il veicolo intorno, ben alto da terra… anzi, per esser precisi, hanno scelto il fornitore del 4×4, poi costruito il veicolo intorno a quel che passava il convento…
Federico Cordero ed io inventammo una soluzione particolarmente compatta che ci permetteva pure di avere il differenziale anteriore in mezzeria vettura, con notevoli vantaggi in termini di guidabilità: nelle automobili a trazione anteriore il differenziale è quasi sempre disassato e ciò comporta serpeggiamenti sotto coppia.
Per evidenziare quanto compatta, basti dire che la Fiat 500 X, a 4 ruote motrici, nella versione di maggior potenza, pur inferiore alla Delta, pesa ben 400 kg in più della Delta 4WD!
Facemmo qualcosa come 30 tentativi di carrozzamento, ma alla fine ci riuscimmo!
Avevamo nel DNA l’immedesimazione aziendale, il rifiuto degli sprechi, ogni centimetro, ogni millimetro era prezioso…
Tentativi di carrozzamento? Allora il CAD era agli albori, proprio nel 1983 Fiat Auto aveva acquisito un sistema CAD adatto per ingegneri ma complicato per non-matematici, basato sulla disegnazione “a filo di ferro” e privo di modellazione a volumi. La sera mi divertivo a sviluppare programmi di disegnazione automatica, ero Responsabile tecnico del CAD per i Motopropulsori, nelle riunioni concludevo i miei interventi affermando che occorreva sostituirlo con un IBM Catia. 13 anni dopo fui accontentato, quando ormai avevo lasciato Fiat … da allora tutto in Fiat Auto è progettato a CAD.
Ma non basta: la Delta non avrebbe vinto nemmeno il rally degli asini – con tutto rispetto per questi graziosi animali – se non avessimo fatto un passo avanti sostanziale rispetto all’Audi, che disponeva di tre differenziali, di cui due bloccabili on demand nelle situazioni estreme: neve, ghiaccio. Ma il mondo non si divide tra bianco e nero, tra alta e bassa aderenza: che fare nelle situazioni intermedie? nelle brusche variazioni di aderenza in strade parzialmente innevate o ghiacciate? acquaplaning, macchie d’olio? Avemmo la fortuna che fossero disponibili differenziali non 0-100 (cioè tutto aperto o tutto chiuso), ma a scorrimento limitato: il Torsen ed il giunto Ferguson, a controllo viscoso. Per la verità erano disponibili da decenni, provati con successo, e qualche insuccesso, da tutte le Case, ma non andavano in produzione: la paura di essere i primi, la sindrome del “non inventato qui”, eventuali altre motivazioni non necessariamente nobili… ed analisi non sufficientemente approfondite delle caratteristiche di funzionamento.
Ma ancor più, stravolgemmo l’ottica con cui tuttora si progettano buona parte dei 4×4: noi pensavamo a tenere l’auto in strada, incollata al terreno, evitare sbandate, pensavamo alle curve; altri preferiscono pensare ai percorsi fuori strada…
Avevamo cioè coniugato trazione con guidabilità, che nei 4×4 spesso divergono: al termine del Rally di Montecarlo, il vincitore Miki Biasion dichiarerà che finalmente con quella macchina si era ripreso il gusto delle traiettorie, con la Delta 4WD da 300 CV aveva impiegato a scalare il mitico Col de Turini poco più che con la Delta S4 da 600 CV.
Con Federico sviluppammo pertanto due soluzioni base di trazione integrale, tra di loro intercambiabili, una con due differenziali bloccabili, come richiesto dall’Azienda, cioè come Audi, l’altra con i dispositivi innovativi sopra citati.
Realizzammo oltre 50 prototipi di trasmissione, praticamente l’uno diverso dall’altro, sia per esplorare, nell’ambito delle due alternative di base, varie sottoalternative progettuali, sia per introdurre volta a volta gli astuti miglioramenti e le brillanti idee che venivano in mente all’uno o all’altro progettista, sia infine per equipaggiare vari modelli: la Delta, la Prisma, le future “Tipo 2” e “Tipo 3”.
Le prove si facevano parte in Italia e parte in Austria, presso l’Azienda che avrebbe poi costruito alcuni sottosistemi della trazione integrale: ci interessava che deliberasse anch’essa il sistema di trazione, affinché eventuali problemi in produzione fossero imputabili al processo e non al progetto. In Austria i metodici sperimentatori fotografavano la situazione: in un circuito chiuso, ad anello, un’Audi Quattro e una Lancia Delta acceleravano progressivamente. Nonostante tutti i possibili miglioramenti alle sospensioni, modifiche agli angoli di camber ecc., la situazione era sempre la stessa: l’Audi accelerava e ad un certo punto la Delta andava in testa coda. Allora finalmente si provò la soluzione razionale, con i differenziali a scorrimento limitato, e la situazione si invertì: l’Audi andava in testa coda e la Delta continuava ad accelerare. Ed accelerava molto…
L’auto fu presentata il 20 maggio 1986 alla stampa, in Costa Smeralda, provata la sera stessa da noto e compianto pilota di Formula 1, Giancarlo Baghetti, che affermò: quest’auto ha la stoffa per vincere. Infatti esordì nelle corse pochi mesi dopo, al Rally di Montecarlo, giusto il tempo di effettuare le poche modifiche concesse dal regolamento (protezione dell’abitacolo, aumento della potenza agendo sulla regolazione della turbina, eliminazione dei sincro, sedili posteriori ecc.), e lo vinse, prima e seconda, oltre 4 minuti di vantaggio sulla terza; due vetture del Gruppo N, strettamente di serie, tra le prime 12 assolute. E continuò a vincere nei sei anni di produzione, 6 titoli mondiali marche e 4 titoli piloti.